giovedì 25 novembre 2010

Quel vuoto che può riempire la nostra vita



Testo di Osho Bhagwan Rajneesh

Ogni giorno usiamo infinite illusioni per cercare di colmare il vuoto che sentiamo. E’ giunto il momento di confrontarci con quel vuoto poiché quel vuoto è la nostra natura reale. Non bisogna subirlo, ma riconoscerlo e immergersi in esso per giungere ad una realizzazione che ci faccia sentire vivi e che dia significato a questa esistenza.

La cosa da fare non è cambiare vita ma vivere in pienezza ciò che siamo e ciò che abbiamo, cogliendo le nostre potenzialità più profonde per svilupparle. Dobbiamo introdurre un nuovo proposito nelle nostre vite affinché siano àncora per non essere più travolti dagli eventi e non vivere più come relitti alla deriva. Per trovare la risposta definitiva all’interrogativo esistenziale che noi siamo, dobbiamo arrivare a sentire dentro noi stessi cos’è la vita, la verità e chi siamo, ma soprattutto dobbiamo vivere in piena consapevolezza ciò che siamo. Scenderemo dalla periferia della vita, in cui solitamente ci troviamo, al centro del nostro essere che è la fonte di ogni manifestazione di energia.

C’è una cosa molto più semplice e concreta che pensare e aver paura: sperimentare.

Basta fare il primo passo. Chi comincia a fare un passo e poi un altro e un altro ancora si ritrova ad aver percorso distanze infinite. Chi non fa nemmeno un passo, poiché crede che facendo un passo alla volta non possano accadere grandi cose, non arriverà da nessuna parte.

sabato 20 novembre 2010

Cammino adagio



All’inizio ci hanno detto: “fai il bravo, non farci arrabbiare; fai il bravo e non fare arrabbiare la maestra!”. Successivamente ci hanno detto: “devi studiare perché è importante per il tuo futuro!e poi subito dopo “stai attento alle cattive compagnie; questa cosa non la devi fare; devi cercare di fare meglio quest’altra cosa”. “Bravo! Ora trovati un lavoro! Metti su famiglia! Fai tanti bambini!

La maggior parte di noi ha sentito queste parole dai familiari più vicini e a volte anche dagli amici più stretti. Certamente una parte di noi ha seguito alla lettera ogni esortazione e certamente un’altra parte le ha, invece, evitate tutte accuratamente. Ci sarà stato, dunque, chi ha fatto tutti i bravi compiti della sua vita e chi invece ha sbagliato tutto facendo più di quanto era giusto ed equilibrato fare.


Di certo ci saranno persone che nella loro vita hanno cercato di seguire sempre tutti i buoni consigli ed oggi si chiedono: “ma se avessi fatto di testa mia, forse adesso mi sentirei meglio?”. Altre persone, invece, sbattono la testa nel muro e gridano “se solo avessi ascoltato una volta mio padre, forse adesso non mi troverei in questa situazione?

Ho osservato me stesso ed ho osservato le persone che mi sono state vicine (e continuano ad esserlo).

venerdì 12 novembre 2010

L’individuo da non perdere



Sarà forse un mio limite, ma non comprendo perché ancora c’è la necessità o, comunque, la volontà di farsi rappresentare da qualcosa o da qualcuno. A livello politico, a livello religioso, a livello sociale. Le persone hanno il bisogno di identificarsi dietro un simbolo per sentirsi unite ad altre persone.

Sarò forse ottuso, ma non capisco come le ideologie ed i simboli possano realmente unire le persone. Più si difendono le ideologie e più c’è separazione forte.

Forse c’è qualche aspetto che mi sfugge, ma non riesco a comprendere e pertanto mi sembra assurdo che due persone siano unite dal punto di vista religioso e poi si separino quando si tratti di esprimere concetti politici o azioni sociali.

La personalità non è uguale per nessun individuo. La personalità dell’uomo non può essere classificata in nessuna categoria. Ogni tentativo di raggruppare più persone sotto un simbolo è un tentativo di semplificare le infinite sfaccettature del pensiero umano.

Non perché vi debba essere uniformità di vedute o di pensiero. Non certo voglio riassumere l’infinita molteplicità della natura umana. E’ solo che non riesco a capacitarmi del fatto che molte persone (troppe) non hanno voglia di esprimersi oppure si esprimono attraverso il pensiero di altre persone.

L’aggregazione sociale formalizzata è tanto distorsiva della socialità delle relazioni e le aggregazioni hanno confini troppo marcati le une dalle altre.

Ma l’individuo, che fine ha fatto? Comprendo che l’individuo non è nato per stare da solo, ma perché deve snaturare la propria individualità con una struttura di carattere sociale superiore che, appunto, ne annulla la personalità? Perché le nostre idee devono avvicinarsi ad una o ad un’altra ideologia, per essere comprese o per essere esplicate?

Ho già espresso in un mio precedente post una strada percorribile per far funzionare le relazioni senza dover formalizzare strutture di pensiero o aggregazioni politiche e sociali. Ma vi è bisogno della volontà del singolo individuo.

L’individuo sente il bisogno di aggregarsi con altre persone, ma non dovrebbe creare gruppi che abbiano dei confini; non dovrebbe creare aggregazioni alle quali altre persone non possano partecipare oggi per poi decidere di non partecipare domani, senza essere per ciò giudicate.

Io credo in una socialità che non annulli l’individuo, che non si faccia portatrice di ideali univoci da condividere, che non crei dogmi o regole da rispettare. Ovviamente credo in una socialità che, non annullando l’individuo, faccia si che nessuno possa annullare o adombrare l'altro, quindi una socialità basata sulla comprensione dell’individualità altrui.

Credo in una socialità che annulli il desiderio di avere più degli altri e faccia comprendere l'inutilità del desiderio di avere più di quanto basta; una socialità in cui la moderazione e la capacità di sapere quando è abbastanza sia un naturale sentimento delle persone.

Credo in una società che non renda, i caratteri che ho evidenziato, delle regole, ma che lasci all’individuo la libertà di non avere regole e non avere un credo; lasci all’individuo un fanciullesco senso del nuovo in ogni aspetto della vita.

Una società che per realizzarsi ha, però, bisogno della volontà del singolo dell’individuo!

venerdì 5 novembre 2010

Lottiamo per il superfluo



Facciamo di tutto per vincere le nostre battaglie quotidiane. Forse perché per noi la vita è diventata una guerra. Paghiamo a caro prezzo ciò che abbiamo. Inoltre, quello che abbiamo, non è mai abbastanza. Forse perché non conosciamo bene noi stessi e non conosciamo ciò di cui abbiamo realmente bisogno per essere in armonia con la natura. Forse, ancora, perché non siamo coscienti di rincorrere cose di cui, effettivamente, non abbiamo bisogno.

Conosci te stesso: poiché tutto transita, innanzitutto, attraverso di noi e determina le nostre decisioni e le nostre reazioni.

Nulla in eccesso: gli eccessi andrebbero evitati perché non sono uno stato naturale. Gli eccessi accelerano un ritorno in senso opposto alla direzione seguita.

Nella vita quotidiana, dunque, non dovremmo batterci per sopraffare gli altri, ma dovremmo impegnarci a rinunciare alla battaglia perché l’armonia si raggiunge quando tutti sono in equilibrio e non quando uno vince ed un altro è sconfitto!