giovedì 14 ottobre 2010

Le Prospettive ed il Ruolo dei Mestieri “Verdi”



La parola green job non è soltanto un termine anglosassone che esprime le opportunità di lavoro nei settori che guidano lo sviluppo sostenibile dell’economia, ma rappresenta un concetto con il quale dobbiamo confrontarci se vogliamo comprendere quale sarà la società dei prossimi 20-30 anni.

Se è indubbio che avremo una trasformazione dei centri urbani (che andranno ad ospitare circa l’80% della popolazione nel 2030), è anche vero che si andranno a trasformare nel tempo sia le strategie di “pianificazione urbana” che i modi e i tempi dell’agricoltura.

Tutto ovviamente partirà con il necessario incremento delle risorse umane che saranno nel tempo impegnate, ai diversi livelli, nei settori della gestione della crescita sostenibile dell’economia. Pertanto si potranno trovare opportunità per architetti ed ingegneri nella progettazione di abitazioni eco sostenibili; geologi e biologi potranno trovare più spazio nella produzione ad esempio di energie geotermiche e nella creazione di combustibili che non abbiano bisogno delle classiche materie prime (cioè quelli prodotti dall’ingegneria genetica); ma ci sarà anche bisogno di tecnici installatori di apparecchiature per il risparmio energetico o per la produzione di energia verde e di informatici per la progettazione delle auto elettriche; così come saranno indispensabili nuovi operatori nelle fabbriche per la produzione di pannelli fotovoltaici o nuovi operatori addetti alla scomposizione dei prodotti elettronici da cui ricavare materie prime da avviare nuovamente nel ciclo produttivo. E la lista si può allungare a tutte quelle figure che dovranno, in un modo o nell’altro, essere interessate, dal punto di vista gestionale ed operativo, alla salvaguardia degli ambienti naturali.

Le ottimistiche stime di impiego in questi settori vanno ovviamente confrontate (con il relativo abbattimento) con le fuoriuscite di personale dai settori classici. Personale che dovrà necessariamente riqualificare la propria professionalità. Su questo aspetto si deve porre molta attenzione in quanto è importante che tale passaggio sia fatto con l’adeguato addestramento, sia delle professionalità più alte sia degli operai delle categorie meno qualificate, cercando di evitare approssimazioni che non farebbero certo bene all’efficienza dei nuovi settori. Del resto è stato rilevato, anche da ricerche sul campo, che, le percentuali e i tempi di inserimento nel mondo del lavoro a seguito di “corsi ambientali” sono buone e in continua evoluzione positiva.

Una nota a parte la merita il Settore Agroalimentare che avrà bisogno di una forte iniezione di manodopera. Infatti, dagli attuali 6,7 miliardi di persone, passeremo a circa 9,2 miliardi nel 2050. Questa crescita dovrà essere necessariamente accompagnata da un ripensamento del Settore Agroalimentare che tornerà al centro delle dinamiche dello sviluppo sostenibile dopo che è stato per un po’ di tempo trascurato.

Le strade percorribili sono diverse e tra le principali di certo faranno la loro parte le coltivazioni urbane (già presenti in alcune zone da diversi anni) e lo sviluppo della genetica delle piante che dovrebbe consentire di renderle naturalmente resistenti ai parassiti (evitando dunque l’utilizzo dei pesticidi). Basti pensare che, i parassiti, riducono di un terzo la produttività agricola mondiale!

Sarà dunque importante ampliare, quanto più possibile, lo spettro di conoscenze delle future generazioni di agricoltori che andranno a posizionarsi ad un livello di estrema importanza nella definizione delle dinamiche di crescita dell’umanità. 

Quanto prospettato dovrebbe favorire lo sviluppo di un concetto di agricoltura più a misura d’uomo e con un livello di “prossimità” particolarmente elevato.

Nel nostro paese abbiamo già degli esempi significativi come una cooperativa di produttori agricoli operante nel cuneese (Saluzzo) che ha eliminato la distribuzione per distanze oltre i mille chilometri. Il progetto ha un conto economico che, nonostante la riduzione del raggio d’azione, è ampiamente positivo e prevede una riduzione del 30% del costo per i consumatori ed un aumento della retribuzione dei produttori di circa il 40%. A ciò si accompagna un aumento dei posti di lavoro ed un aumento della qualità dei prodotti, maturati naturalmente senza pesticidi. Inoltre, si sta lavorando sugli scarti per sviluppare altre attività complementari all’agricoltura e che possono essere di supporto ad essa oltre che assorbirne gli eventuali surplus.

Tutto questo ci da l’immagine di un sistema che non produce rifiuti e che si autoalimenta, contribuendo al miglioramento delle condizioni generali dei suoi appartenenti e dell’ambiente in cui si sviluppa, con l’impiego delle risorse (umane e naturali) coordinate in direzione di un orizzonte comune. 

Non so se è un Sistema che potrà svilupparsi ovunque, ma di certo potrebbe darci la possibilità di vedere una crescita dell’umanità rispettosa delle Risorse della Terra!

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