venerdì 9 luglio 2010

Risparmiatore, investitore e speculatore: le tre anime dell’homo oeconomicus.


Quando si esprime una definizione, riferendola a qualcosa o a qualcuno, si corre il rischio di generalizzare conferendo una sommaria descrizione all’oggetto della nostra osservazione. 

Spesso, infatti, se approfondiamo la conoscenza di un soggetto o di un oggetto o di un concetto (scusate la rima baciata), ci possiamo rendere conto che i contorni della nostra definizione sono molto più incerti di quanto immaginiamo. 

Ho fatto questa breve premessa perché l’altro giorno riflettevo sulla validità di una definizione da poter attribuire ad un soggetto in base alle proprie caratteristiche di gestione dei propri risparmi o della propria liquidità. 

Le figure che si possono considerare in quest’ambito, al fine di confrontarne le definizioni, sono: il risparmiatore, l’investitore e lo speculatore (1). 

Il primo elemento che, istintivamente, contraddistingue questi tre modi di gestire le proprie finanze, è il rischio. Infatti, quando si passa dal concetto di risparmiatore a quello di investitore, e da quest’ultimo al concetto di speculatore, possiamo sicuramente identificare una crescita graduale del rischio. 

L’altro aspetto è, invece, l’attesa in termini di rendimento a cui può condurre ognuno di questi modi di gestire le proprie risorse finanziarie. Ed infatti, almeno nelle aspettative, si può immaginare che al crescere del rischio crescano anche le possibilità di forti incrementi del valore del proprio capitale. Questo può essere vero, ma altrettanto probabile diventa la possibilità di subire forti perdite di valore (di soldi).
 
Andiamo, dunque, sinteticamente a quella che può essere una definizione delle tre figure che sono espressione, ognuna, di un diverso modo di concepire l’investimento finanziario: 
 
(1) Risparmiatore: rappresenta l’investitore che vuole assumere posizioni di rischio molto basso e si pone come obiettivo la semplice salvaguardia nel tempo del valore del proprio capitale. 
 
(2) Investitore: rappresenta un’evoluzione del risparmiatore che, accettando di affrontare un rischio mediamente controllato, ma progressivamente più altro, fissa un arco temporale più lungo per ottenere un rendimento del proprio capitale che vada oltre la salvaguardia del valore nel tempo. 
 
(3) Speculatore: rappresenta una figura la quale, benché dal punto di vista pratico possa essere considerata anch’essa un investitore (anche se non tutti sono d’accordo), dal punto di vista teorico e concettuale si differenzia dalle prime due in quanto non ha l’obiettivo specifico di salvaguardare il capitale nel tempo (risparmiatore) e neanche di vederlo crescere con un rendimento costante (investitore).  Lo speculatore vuole semplicemente intercettare dei movimenti del mercato, sia in discesa che in salita, per poter ricavare un profitto (seguendone il trend). Con ciò accetta di sopportare un rischio che può condurre a perdite molto alte del proprio capitale, ma allo stesso tempo può potenzialmente avere guadagni esponenziali. 
 
Considerate queste brevi definizioni, ho dovuto constatare che non è semplice tracciare i confini tra le tre figure, anche se si può ragionare, magari, in termini di “tolleranza al rischio finanziario”, come hanno fatto alcuni osservatori che hanno provato ad individuare delle percentuali di perdita che, a seconda del tipo di investitore, si possono sopportare in un determinato arco temporale(2).
 
Questo può essere un importante test preliminare per capire in maniera abbastanza chiara la propria tolleranza al rischio e avere, dunque, la possibilità di impostare una strategia di investimento coerente con tale profilo di rischio (il che prevede azioni differenti da mettere in essere in determinati momenti di mercato). 
 
Ciò è importante per non cadere nell’errore di assumersi rischi più altri di quelli finanziariamente tollerabili. Infatti, in questa sede ho inserito anche la figura dello speculatore perché opera come gli altri sui mercati finanziari e anch’egli investe la sua liquidità per vederne aumentare il valore. Ma lo fa con un’ottica che lo distingue bene da chi vuole fare un'oculata e prudente gestione dei propri risparmi. 
 
Tornando a quello che dicevo nella premessa di questo post, nella pratica i confini tra le diverse figure (le definizioni) possono confondersi e non ci si può aspettare di individuare un profilo di rischio/rendimento che possa differenziare esattamente un tipo di investitore da un altro. Anche se si può essere sicuri di distinguere un risparmiatore da uno speculatore. Più difficile è tracciare un netto confine tra risparmiatore ed investitore e tra investitore e speculatore (almeno quando l’investitore arriva ad assumere rischi molto alti). 
 
A tal fine, nel prossimo post, cercherò di mostrare graficamente come le diverse configurazioni di rischio/rendimento si evolvono man mano che passiamo dal concetto del risparmiatore a quello dello speculatore e come, la variabile “tempo” (considerata, nella mia analisi, non direttamente proporzionale all’evoluzione del rendimento e del rischio), assuma un ruolo fondamentale per meglio definire le caratteristiche dei soggetti economici. 
 
Alla prossima!
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(1) Per speculatore intendo un soggetto persona fisica che decide di investire in un determinato modo la sua liquidità e può farlo sia per motivi di rendimento, sia per incrementare il suo reddito. Questo tipo di investitore non può influire sull’andamento del mercato. Quindi non sto parlando della speculazione nella sua accezione negativa collegata all’operatività di soggetti (fisici o giuridici) molto capitalizzati che con la loro azione possono in qualche modo influire sull’andamento di un mercato.

(2) Avendo come riferimento un periodo di un anno, la tolleranza al rischio può essere considerata mediamente bassa se ci si può permettere di sostenere perdite fino al 5%; moderata se si possono sostenere perdite tra il 6% ed il 15%; alta quando le perdite sostenibili sono comprese tra il 16% ed il 25%; oltre tale soglia andiamo in un campo di tolleranza del rischio molto alta, tipica di investitori molto capitalizzati che non interessano alla nostra analisi. Nella valutazione della propria tolleranza al rischio si deve configurare, per opportuna cautela, il peggiore scenario che si può realizzare rispetto agli strumenti di investimento utilizzati.

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