giovedì 16 dicembre 2010

La Creatività nella Visualizzazione



Nel precedente post osservavo che ci può essere un modo diverso per affrontare le situazioni nuove o incerte e che tale processo passa attraverso una capacità che, nell’antichità, era molto più utilizzata rispetto a quanto non lo sia oggi.

Infatti, alcune persone, riescono a ricostruire, così come facevano gli antichi in mancanza di sofisticate strumentazioni, le soluzioni alle difficoltà di vario genere (cognitive, emotive, relazionali, comportamentali) ricorrendo alle immagini che riescono a ricostruire nella propria mente.

Queste capacità, se così si possono definire, si basano sul “pensiero visivo” ed erano molto apprezzate prima che venissero introdotti gli standard che hanno semplificato la vita delle persone. Solo per fare qualche esempio, si pensi alla capacità di stimare ad occhio il peso di una merce o di stimare una distanza. Ancor di più in campo scientifico. Vi sono, infatti, storie documentate ed aneddoti che attestano come, molte scoperte e ritrovati tecnici, siano stati favoriti da ragionamenti con basi visivo-spaziali. Non solo si possono nominare i fisici Maxwell ed Einstein (che creavano spesso immagini mentali delle situazioni da studiare), ma è facile verificare, anche oggi, come in diversi campi di ricerca (come ad esempio nella progettazione degli aerei, nelle discipline mediche ed in biologia) si ricorra alla visualizzazione.

Ai nostri fini è utile comprendere, al di la dell’aiuto che la visualizzazione creativa può dare alla risoluzione dei problemi intellettivi, il supporto che tale modalità operativa può fornire all’individuo nell’affrontare le difficoltà (cognitive, emotive, relazionali, comportamentali) che risultano insormontabili con altri approcci.

Vi sono diverse proposte operative che possono stimolare lo sviluppo delle capacità di immaginazione figurale fin da bambini. Nel prossimo post ne suggerirò alcune con la consapevolezza che sono uno strumento utile che può dare ottimi stimoli solo se vi è la coscienza e la volontà dell’individuo di utilizzarle. Al contrario rimangono solo degli spunti e non saranno di aiuto alla nostra esistenza.

martedì 7 dicembre 2010

Non è tutta questione di esperienza



In tutte le nostre attività quotidiane, l’esperienza ci aiuta non solo a risolvere ciò che affrontiamo, ma ci consente di velocizzare molte di quelle operazioni che ripetiamo più spesso rispetto alle altre.

Molto spesso, però, capita di dover prendere decisioni non ordinarie, ma che, per comodità, tendiamo a generalizzare nelle nostre strutture mentali e risolviamo con un’azione o un comportamento che spesso non è quello più adatto alla situazione. Addirittura, possiamo essere tratti in inganno dalla nostra esperienza, quando, ad esempio, la nostra mente classifica in maniera sbagliata un evento e lo affronta con un comportamento che non è quello appropriato. Pensate a tutti quei momenti in cui non riuscite a spiegare a voi stessi il perché di un vostro agire che vi ha condotto ad errori banali o grossolani, pur essendo in possesso di tutte le informazioni o capacità sufficienti per risolverlo in maniera agevole.

Vi sono altre situazioni, poi, che ci schiudono momenti nuovi che non riusciamo a gestire con la nostra esperienza. La maggior parte di noi, in questi casi, reagisce in due modi:

1) Vi è chi cerca qualcuno con più esperienza o con un’esperienza specifica in quel determinato contesto decisionale, per avere un supporto concreto per effettuare una scelta senza effettuare nessuna analisi preliminare.

2) Vi è invece chi cerca di capire, con un senso diverso, la strada che conduce ad una soluzione o ad una scelta. In ultima battuta si potrà rivolgere anche a chi ha più esperienza per avere parametri concreti di riferimento per effettuare la scelta.

In questo secondo caso la ricerca di competenze specifiche è un’attività successiva alla nostra scelta e pertanto non influisce sul nostro processo decisionale.

Chi riesce a seguire questo secondo tipo di processo decisionale non fa altro che seguire un processo molto antico. Al di la delle proprie competenze specifiche, vi sono molte persone, infatti, che riescono a ricostruire “per immagini” la soluzione a difficoltà di vario genere (cognitive, emotive, relazionali, comportamentali) che devono affrontare. E questo nuovo modo non solo ci apre tutta una serie di possibilità che prima pareva non esistessero, ma ci consente di ottenere maggiore libertà rispetto alle nostre scelte, rispetto agli strumenti tecnologici, rispetto all’esperienza di altre persone che sarà circoscritta ad ambiti molto specifici e pertanto meno dispendiosi e più efficaci.

Chi agisce in questo modo riesce a far si che il proprio processo decisionale non sia demandato ad altre persone o ancor peggio alle tecnologie. Semmai “gli esperti” o le tecnologie saranno uno strumento che ci consentirà di realizzare la nostra decisione.

Nel prossimo post proverò a sintetizzare questo nuovo, ma antico, modo di affrontare le situazioni concrete della nostra vita e vedremo come la “visualizzazione creativa” (questo è il concetto che sto descrivendo) è stata utile anche per molte scoperte scientifiche.

giovedì 25 novembre 2010

Quel vuoto che può riempire la nostra vita



Testo di Osho Bhagwan Rajneesh

Ogni giorno usiamo infinite illusioni per cercare di colmare il vuoto che sentiamo. E’ giunto il momento di confrontarci con quel vuoto poiché quel vuoto è la nostra natura reale. Non bisogna subirlo, ma riconoscerlo e immergersi in esso per giungere ad una realizzazione che ci faccia sentire vivi e che dia significato a questa esistenza.

La cosa da fare non è cambiare vita ma vivere in pienezza ciò che siamo e ciò che abbiamo, cogliendo le nostre potenzialità più profonde per svilupparle. Dobbiamo introdurre un nuovo proposito nelle nostre vite affinché siano àncora per non essere più travolti dagli eventi e non vivere più come relitti alla deriva. Per trovare la risposta definitiva all’interrogativo esistenziale che noi siamo, dobbiamo arrivare a sentire dentro noi stessi cos’è la vita, la verità e chi siamo, ma soprattutto dobbiamo vivere in piena consapevolezza ciò che siamo. Scenderemo dalla periferia della vita, in cui solitamente ci troviamo, al centro del nostro essere che è la fonte di ogni manifestazione di energia.

C’è una cosa molto più semplice e concreta che pensare e aver paura: sperimentare.

Basta fare il primo passo. Chi comincia a fare un passo e poi un altro e un altro ancora si ritrova ad aver percorso distanze infinite. Chi non fa nemmeno un passo, poiché crede che facendo un passo alla volta non possano accadere grandi cose, non arriverà da nessuna parte.

sabato 20 novembre 2010

Cammino adagio



All’inizio ci hanno detto: “fai il bravo, non farci arrabbiare; fai il bravo e non fare arrabbiare la maestra!”. Successivamente ci hanno detto: “devi studiare perché è importante per il tuo futuro!e poi subito dopo “stai attento alle cattive compagnie; questa cosa non la devi fare; devi cercare di fare meglio quest’altra cosa”. “Bravo! Ora trovati un lavoro! Metti su famiglia! Fai tanti bambini!

La maggior parte di noi ha sentito queste parole dai familiari più vicini e a volte anche dagli amici più stretti. Certamente una parte di noi ha seguito alla lettera ogni esortazione e certamente un’altra parte le ha, invece, evitate tutte accuratamente. Ci sarà stato, dunque, chi ha fatto tutti i bravi compiti della sua vita e chi invece ha sbagliato tutto facendo più di quanto era giusto ed equilibrato fare.


Di certo ci saranno persone che nella loro vita hanno cercato di seguire sempre tutti i buoni consigli ed oggi si chiedono: “ma se avessi fatto di testa mia, forse adesso mi sentirei meglio?”. Altre persone, invece, sbattono la testa nel muro e gridano “se solo avessi ascoltato una volta mio padre, forse adesso non mi troverei in questa situazione?

Ho osservato me stesso ed ho osservato le persone che mi sono state vicine (e continuano ad esserlo).

venerdì 12 novembre 2010

L’individuo da non perdere



Sarà forse un mio limite, ma non comprendo perché ancora c’è la necessità o, comunque, la volontà di farsi rappresentare da qualcosa o da qualcuno. A livello politico, a livello religioso, a livello sociale. Le persone hanno il bisogno di identificarsi dietro un simbolo per sentirsi unite ad altre persone.

Sarò forse ottuso, ma non capisco come le ideologie ed i simboli possano realmente unire le persone. Più si difendono le ideologie e più c’è separazione forte.

Forse c’è qualche aspetto che mi sfugge, ma non riesco a comprendere e pertanto mi sembra assurdo che due persone siano unite dal punto di vista religioso e poi si separino quando si tratti di esprimere concetti politici o azioni sociali.

La personalità non è uguale per nessun individuo. La personalità dell’uomo non può essere classificata in nessuna categoria. Ogni tentativo di raggruppare più persone sotto un simbolo è un tentativo di semplificare le infinite sfaccettature del pensiero umano.

Non perché vi debba essere uniformità di vedute o di pensiero. Non certo voglio riassumere l’infinita molteplicità della natura umana. E’ solo che non riesco a capacitarmi del fatto che molte persone (troppe) non hanno voglia di esprimersi oppure si esprimono attraverso il pensiero di altre persone.

L’aggregazione sociale formalizzata è tanto distorsiva della socialità delle relazioni e le aggregazioni hanno confini troppo marcati le une dalle altre.

Ma l’individuo, che fine ha fatto? Comprendo che l’individuo non è nato per stare da solo, ma perché deve snaturare la propria individualità con una struttura di carattere sociale superiore che, appunto, ne annulla la personalità? Perché le nostre idee devono avvicinarsi ad una o ad un’altra ideologia, per essere comprese o per essere esplicate?

Ho già espresso in un mio precedente post una strada percorribile per far funzionare le relazioni senza dover formalizzare strutture di pensiero o aggregazioni politiche e sociali. Ma vi è bisogno della volontà del singolo individuo.

L’individuo sente il bisogno di aggregarsi con altre persone, ma non dovrebbe creare gruppi che abbiano dei confini; non dovrebbe creare aggregazioni alle quali altre persone non possano partecipare oggi per poi decidere di non partecipare domani, senza essere per ciò giudicate.

Io credo in una socialità che non annulli l’individuo, che non si faccia portatrice di ideali univoci da condividere, che non crei dogmi o regole da rispettare. Ovviamente credo in una socialità che, non annullando l’individuo, faccia si che nessuno possa annullare o adombrare l'altro, quindi una socialità basata sulla comprensione dell’individualità altrui.

Credo in una socialità che annulli il desiderio di avere più degli altri e faccia comprendere l'inutilità del desiderio di avere più di quanto basta; una socialità in cui la moderazione e la capacità di sapere quando è abbastanza sia un naturale sentimento delle persone.

Credo in una società che non renda, i caratteri che ho evidenziato, delle regole, ma che lasci all’individuo la libertà di non avere regole e non avere un credo; lasci all’individuo un fanciullesco senso del nuovo in ogni aspetto della vita.

Una società che per realizzarsi ha, però, bisogno della volontà del singolo dell’individuo!

venerdì 5 novembre 2010

Lottiamo per il superfluo



Facciamo di tutto per vincere le nostre battaglie quotidiane. Forse perché per noi la vita è diventata una guerra. Paghiamo a caro prezzo ciò che abbiamo. Inoltre, quello che abbiamo, non è mai abbastanza. Forse perché non conosciamo bene noi stessi e non conosciamo ciò di cui abbiamo realmente bisogno per essere in armonia con la natura. Forse, ancora, perché non siamo coscienti di rincorrere cose di cui, effettivamente, non abbiamo bisogno.

Conosci te stesso: poiché tutto transita, innanzitutto, attraverso di noi e determina le nostre decisioni e le nostre reazioni.

Nulla in eccesso: gli eccessi andrebbero evitati perché non sono uno stato naturale. Gli eccessi accelerano un ritorno in senso opposto alla direzione seguita.

Nella vita quotidiana, dunque, non dovremmo batterci per sopraffare gli altri, ma dovremmo impegnarci a rinunciare alla battaglia perché l’armonia si raggiunge quando tutti sono in equilibrio e non quando uno vince ed un altro è sconfitto!

venerdì 29 ottobre 2010

Le relazioni interpersonali che funzionano



Nella nostra vita familiare, lavorativa e ricreativa ci sono delle relazioni che funzionano meglio di altre in maniera naturale ed alcune, invece, che potrebbero essere migliorate se solo si avesse più sensibilità e più creatività nel modo di interagire con gli altri.

Si dovrebbe partire dalla Comprensione degli Interessi (in senso lato) delle persone che ci stanno di fronte e delle Motivazioni che spingono il loro agire. Avendo consapevolezza di tali interessi e motivazioni si potrà cercare una strada per conciliarli con i propri senza che gli stessi cozzino e cambino strada, mettendo a repentaglio le sorti della relazione.

L’Ascolto è il principale modo per comprendere gli interessi e le motivazioni degli altri. Se si è attenti ed aperti ad ascoltare gli altri, si mostrerà una sensibilità tale da rendere a loro volta gli altri più propensi ad ascoltare i nostri interessi e le nostre motivazioni. Non sempre però si procede in maniera naturale sulla stessa frequenza d’onda. In questi casi, per trovare una conciliazione di interessi e motivazioni, potrà giovare Uscire dagli Schemi cercando un modo creativo di interazione che possa consentire alle diverse posizioni di avvicinarsi.

Questo avvicinamento sarà più agevole se nell’interazione si procede con Equità. L’equità è un modo d’agire non sempre oggettivo, ma si potrà, con la dovuta calma e la disponibilità all’ascolto, avere dei parametri anche esterni per rendere il proprio comportamento equo nella dinamica dell’interazione.

Solo quando entrambe le parti percepiranno una relazione che si sviluppa secondo equità saranno pronte ad assumere un Impegno nella relazione. Se non vi è percezione di equità non significa che le persone non si impegnano, ma la possibilità che non riescano a mantenere gli impegni presi aumenta, non consentendo uno sviluppo armonioso della relazione. Anzi, piccole concessioni all’interno della relazione aiutano a rendere solide le basi di tutti gli altri impegni presi.

Ovviamente questo modo di concepire una relazione potrà essere differente a seconda dell’ambito in cui verremo a trovarci e con una valenza sempre meno formale man mano che si va dai rapporti lavorativi ai rapporti familiari. Perché, se è vero che si può migliorare la nostra convivenza negli ambienti di lavoro e in situazioni ricreative, è importante che lo sforzo maggiore lo si faccia con le persone a noi affettivamente più legate.

Comprensione, ascolto, creatività, equità ed impegno potranno, dunque, aiutarci a costruire le basi per relazioni solide e durature.

lunedì 25 ottobre 2010

Altruismo: un concetto sul quale interrogarsi




L'altruismo è un concetto affrontato da tantissimi punti di vista e sul quale, continuamente, si discute o se ne fa bandiera.

Non sempre però ci si interroga sulle radici di tale sentimento e sulle distrazioni a cui,  anche per attestato sociale, è soggetto.

Ho affrontato l'argomento, cercando di proporre una lettura di tale aspetto, in un articolo pubblicato sul Blog "Ecco Cosa Vedo". Ecco Cosa Vedo, oggi, è anche un'associazione no profit a cui partecipo come autore e nella gestione delle attività on line.

Potete leggere qui il Progetto di Ecco Cosa Vedo. 

A questo link potete invece leggere il mio articolo: Alle Radici dell'Altruismo.

A presto!

mercoledì 20 ottobre 2010

Osservare il Mondo Interiore



“Chi sei?” è la domanda più difficile alla quale dare una risposta vera e consapevole.

Può sembrare semplice definire il proprio essere nella società e nelle relazioni con gli altri, ma è altrettanto semplice comprendere che sarebbe una descrizione di se stessi che non dice tutta la verità.

Conoscere il nostro Mondo Interiore è il modo più naturale per mettere ordine alla confusione che i sentimenti, le emozioni, gli impulsi e le credenze, generano nella nostra vita. Il nostro Mondo Interiore, infatti, determina il nostro Stato (cioè la nostra forma mentis e le nostre emozioni), la nostra fisiologia (cioè il linguaggio del nostro corpo) e le nostre azioni (cioè il nostro comportamento). Questi elementi interagiscono tra di loro e tra di loro si influenzano. Per cui risulta di vitale importanza fermarsi e chiedersi: Come sto in questo momento (lo stato)? Cosa sto comunicando con il mio corpo (la fisiologia)? Che tipo di comportamento sto assumendo e quali messaggi verbali sto trasmettendo (le azioni)? Cioè dovremmo sforzarci di comprendere il nostro Sistema Interno di Comunicazione.

Per fare questo avremo bisogno di risvegliare l’osservatore interno fermandoci sempre più spesso a fare queste domande a noi stessi. Tutte le informazioni che riceviamo dall’esterno, infatti, vengono elaborate dal nostro Sistema Interno di Comunicazione che, attraverso una serie di regole e filtri, ci dà una rappresentazione interna della realtà che è composta da immagini, sentimenti, suoni, odori e sapori. In questo modo possiamo renderci conto che abbiamo delle regole e dei filtri che influenzano le nostre rappresentazioni della realtà. Per questa strada dobbiamo sforzarci a capire che le regole ed i filtri della nostra mente non sono elementi fissi, ma sono stati creati dall’esperienza. Osservando questi elementi del nostro Mondo Interiore possiamo riconoscerli e possiamo cambiarli. Potremo cambiare, così, il modo di interpretare la realtà esterna ed essere capaci di cambiare il nostro Stato, la nostra Fisiologia e le nostre Azioni per migliorare le interazioni con il mondo esterno.

Nei primi anni della nostra vita (da bambini) non vi sono ancora regole rigide nella nostra mente e i filtri comunicativi non sono affatto sviluppati. Per cui il modo di essere dei bambini è quello che si avvicina di più al reale essere interno. Lo Stato, la Fisiologia e i Comportamenti sono espressione di una mente ed di uno spirito non inquinato dai condizionamenti esterni.

Ancora una volta i bambini sono i nostri migliori maestri nel farci capire che, il nostro essere e il nostro agire, è influenzato da regole e da filtri. Questi ultimi non sono altro che i mezzi con cui l’uomo semplifica l’infinitamente vario mondo in cui viviamo.

giovedì 14 ottobre 2010

Le Prospettive ed il Ruolo dei Mestieri “Verdi”



La parola green job non è soltanto un termine anglosassone che esprime le opportunità di lavoro nei settori che guidano lo sviluppo sostenibile dell’economia, ma rappresenta un concetto con il quale dobbiamo confrontarci se vogliamo comprendere quale sarà la società dei prossimi 20-30 anni.

Se è indubbio che avremo una trasformazione dei centri urbani (che andranno ad ospitare circa l’80% della popolazione nel 2030), è anche vero che si andranno a trasformare nel tempo sia le strategie di “pianificazione urbana” che i modi e i tempi dell’agricoltura.

Tutto ovviamente partirà con il necessario incremento delle risorse umane che saranno nel tempo impegnate, ai diversi livelli, nei settori della gestione della crescita sostenibile dell’economia. Pertanto si potranno trovare opportunità per architetti ed ingegneri nella progettazione di abitazioni eco sostenibili; geologi e biologi potranno trovare più spazio nella produzione ad esempio di energie geotermiche e nella creazione di combustibili che non abbiano bisogno delle classiche materie prime (cioè quelli prodotti dall’ingegneria genetica); ma ci sarà anche bisogno di tecnici installatori di apparecchiature per il risparmio energetico o per la produzione di energia verde e di informatici per la progettazione delle auto elettriche; così come saranno indispensabili nuovi operatori nelle fabbriche per la produzione di pannelli fotovoltaici o nuovi operatori addetti alla scomposizione dei prodotti elettronici da cui ricavare materie prime da avviare nuovamente nel ciclo produttivo. E la lista si può allungare a tutte quelle figure che dovranno, in un modo o nell’altro, essere interessate, dal punto di vista gestionale ed operativo, alla salvaguardia degli ambienti naturali.

Le ottimistiche stime di impiego in questi settori vanno ovviamente confrontate (con il relativo abbattimento) con le fuoriuscite di personale dai settori classici. Personale che dovrà necessariamente riqualificare la propria professionalità. Su questo aspetto si deve porre molta attenzione in quanto è importante che tale passaggio sia fatto con l’adeguato addestramento, sia delle professionalità più alte sia degli operai delle categorie meno qualificate, cercando di evitare approssimazioni che non farebbero certo bene all’efficienza dei nuovi settori. Del resto è stato rilevato, anche da ricerche sul campo, che, le percentuali e i tempi di inserimento nel mondo del lavoro a seguito di “corsi ambientali” sono buone e in continua evoluzione positiva.

Una nota a parte la merita il Settore Agroalimentare che avrà bisogno di una forte iniezione di manodopera. Infatti, dagli attuali 6,7 miliardi di persone, passeremo a circa 9,2 miliardi nel 2050. Questa crescita dovrà essere necessariamente accompagnata da un ripensamento del Settore Agroalimentare che tornerà al centro delle dinamiche dello sviluppo sostenibile dopo che è stato per un po’ di tempo trascurato.

Le strade percorribili sono diverse e tra le principali di certo faranno la loro parte le coltivazioni urbane (già presenti in alcune zone da diversi anni) e lo sviluppo della genetica delle piante che dovrebbe consentire di renderle naturalmente resistenti ai parassiti (evitando dunque l’utilizzo dei pesticidi). Basti pensare che, i parassiti, riducono di un terzo la produttività agricola mondiale!

Sarà dunque importante ampliare, quanto più possibile, lo spettro di conoscenze delle future generazioni di agricoltori che andranno a posizionarsi ad un livello di estrema importanza nella definizione delle dinamiche di crescita dell’umanità. 

Quanto prospettato dovrebbe favorire lo sviluppo di un concetto di agricoltura più a misura d’uomo e con un livello di “prossimità” particolarmente elevato.

Nel nostro paese abbiamo già degli esempi significativi come una cooperativa di produttori agricoli operante nel cuneese (Saluzzo) che ha eliminato la distribuzione per distanze oltre i mille chilometri. Il progetto ha un conto economico che, nonostante la riduzione del raggio d’azione, è ampiamente positivo e prevede una riduzione del 30% del costo per i consumatori ed un aumento della retribuzione dei produttori di circa il 40%. A ciò si accompagna un aumento dei posti di lavoro ed un aumento della qualità dei prodotti, maturati naturalmente senza pesticidi. Inoltre, si sta lavorando sugli scarti per sviluppare altre attività complementari all’agricoltura e che possono essere di supporto ad essa oltre che assorbirne gli eventuali surplus.

Tutto questo ci da l’immagine di un sistema che non produce rifiuti e che si autoalimenta, contribuendo al miglioramento delle condizioni generali dei suoi appartenenti e dell’ambiente in cui si sviluppa, con l’impiego delle risorse (umane e naturali) coordinate in direzione di un orizzonte comune. 

Non so se è un Sistema che potrà svilupparsi ovunque, ma di certo potrebbe darci la possibilità di vedere una crescita dell’umanità rispettosa delle Risorse della Terra!

sabato 9 ottobre 2010

Sintesi di un anno di Blog!



Quando leggo un Blog mi piacerebbe trovare una sintesi dei contenuti significativi, ma non sempre tale sintesi è presente e, seguendo le etichette o gli archivi, non si è certi di individuare tutti i post importanti o gli argomenti di proprio interesse.

Per questo oggi, nel primo anniversario del Blog "Anatomia di un Investitore", ho pensato di descrivere, attraverso le etichette, gli argomenti più significativi, in modo da facilitarvi nella ricerca di quelli di vostro interesse.

Per cominciare segnalo l'argomento a cui ho dato molto risalto nel Blog e che riguarda tutto ciò che ha a che fare con l'Economia e la Finanza personale. Tale argomento raggruppa anche altre categorie che rappresentano i molteplici aspetti della nostra vita che possono incidere sull'economia e sulle finanze della nostra famiglia (anche in senso lato).

Il secondo argomento a cui ho dedicato molto spazio è quello della Crescita Personale. Questo argomento interessa diversi aspetti della nostra esistenza. In particolare  ho dato risalto all'aspetto psicologico e all'aspetto fisico che sono, secondo me, i pilastri della nostra personalità e generatori di benessere per tutti gli altri aspetti della vita.

Un'altra parte del Blog è stata dedicata, invece, ad una serie di riflessioni che ho deciso di condividere. Questa categoria è stata raggruppata sotto l'etichetta Pensiero che può contenere anche alcuni post che avete trovato in altre categorie. Ciò può capitare in quanto gli argomenti che tratto sul Blog hanno diverse prospettive che vanno considerate.

Infine, trasversale ai diversi argomenti che ho descritto sopra, vi è la categoria Fenomeni Sociali, che raccoglie diverse circostanze della nostra vita (circostanze economiche, sociali, psicologiche, etiche ecc) e che hanno inevitabilmente la loro influenza sulle nostre relazioni sociali.

Mi auguro che tale sintesi faccia meglio comprendere i percorsi e le speranze di questo Blog al quale è indubbiamente necessario, com’è stato fin’ora, il contributo di tutti; anche il tuo, che, forse, stai leggendo queste pagine per la prima volta! Grazie!

mercoledì 6 ottobre 2010

Educazione Finanziaria: perché ci vogliono attenti ed informati?




Sempre più spesso si sente parlare dell’importanza di acquisire conoscenze di carattere economico e finanziario per poter gestire al meglio la propria vita familiare e per fare pianificazioni oculate. 

In questo Blog si cerca di seguire un percorso per condurre l’individuo attraverso la consapevolezza delle proprie risorse al fine di garantire o almeno perseguire, per se stesso e per le proprie relazioni, una crescita che potremmo definire tranquilla e controllata. 

Per fare questo è importante essere attenti ad acquisire tutte le informazioni di base per fare scelte, per quello che riguarda gli aspetti prettamente economici e finanziari, che siano coerenti rispetto ai propri obiettivi di risparmio o di investimento. 

Tale circostanza può rappresentare un’arma a doppio taglio, in quanto, man mano che si acquisiscono alcune conoscenze, si presta sempre più orecchio anche a quelle che sono tutte le informazioni e le notizie che provengono dal mondo economico e finanziario. Cioè tutte quelle informazioni che provengono dagli “addetti ai lavori”. 

Questo consente a chi ha interessi economici e finanziari di livello molto alto (quindi le grandi istituzioni finanziarie, le banche e altri soggetti che movimentano i mercati), di raggiungere in maniera più semplice la massa dei piccoli risparmiatori/investitori e controllarne sempre meglio emozioni e comportamenti. 

Infatti, le notizie che vengono trasmesse dai media (tv e giornali principalmente) sono sempre in qualche modo non aderenti alla realtà o quantomeno danno una visione della realtà che è coerente con gli obiettivi di chi il mercato lo deve guidare. 

Per cui, pur affermando l’importanza di acquisire informazioni e conoscenze di carattere economico e finanziario, anche se di base, si deve cercare di prestare un’attenzione ai media che sia consapevole del fatto che l’informazione non è sempre obiettiva. Questo vuol dire che, se vogliamo essere più attenti alle dinamiche dei mercati e dell’economia (anche se basterebbe, giorno per giorno, essere un po’ più attenti alle gestione della propria “azienda famiglia”), dobbiamo farlo con la consapevolezza che l’informazione è prevalentemente inquinata e per renderci conto di ciò dovremmo cercare di accedere a diverse fonti di informazione, anche non ufficiali, per creare alla fine una propria indipendente cognizione personale degli eventi, senza farsi guidare dal clamore con cui vengono, sempre più spesso, diffuse le notizie. E la rete in questo ci è di molto aiuto. 

Vi voglio lasciare raccontandovi un piccolo esperimento che ho fatto qualche tempo fa.

Siccome quando si tratta di fare previsioni sul prossimo futuro (soprattutto su possibili andamenti dei mercati) possiamo leggere diverse fonti autorevoli trovando spesso conclusioni discordanti pur solidamente motivate. Generalmente si legge una notizia, se ne legge un'altra, ma poi, dopo che sono passate alcune settimana non si vanno a riprendere queste notizie per verificare chi ci aveva visto giusto. Ebbene, casualmente, mi sono ritrovato un giorno a leggere un giornale di quindici giorni prima. Siccome nel frattempo si era avuta un’evoluzione che uno degli autori aveva previsto, mentre la previsione di altri si era rilevata infondata, ho continuato per un periodo a leggere il giornale di quindici giorni prima, conoscendo dunque già l’esito di quelle previsioni anche se su un arco temporale ristretto. In tal modo mi sono fatto un’idea di chi tra i diversi autori riusciva ad avere una visione più realistica delle tematiche trattate e con il tempo ho potuto anche verificarne la pressoché congruenza rispetto ad eventi su un periodo più lungo. Ovviamente ciò non sostituisce mai i processi di ricerca di informazioni quotidiane ed inedite da confrontare con le nostre personali valutazioni.

venerdì 1 ottobre 2010

Dove vanno i mercati? (aggiornamento)




Riprendo brevemente un mio precedente post per fare un aggiornamento rispetto alla situazione che si era venuta a creare circa una ventina di giorni fa.

Vi era l’oro che era sui massimi storici a cercare una rottura al rialzo o un muro su cui rimbalzare al ribasso.

Gli indici dei principali mercati stavano, invece, ancora affrontando un periodo di incertezza che dura ormai dallo scorso maggio.

Avevo segnalato che, per quanto riguarda l’oro, si poteva parlare di una rottura al rialzo effettiva, solo al superamento di quota $ 1.270 all'oncia. Questa rottura c’è stata è la quotazione dell’oro è arrivata velocemente a toccare i $ 1.300 all'oncia. Ora si deve vedere se questo livello psicologico, farà il suo lavoro di resistenza respingendo all’indietro la quotazione o se avremo una ulteriore rottura che questa volta avrebbe un target non facilmente definibile.

Le quotazioni del metallo prezioso, a questi livelli, potrebbero essere influenzate (ma noi diligentemente non ci facciamo condizionare dalle regole prima che queste non abbiano funzionato) dai movimenti degli indici di mercato che, da quando abbiamo fatto l’ultima osservazione, pare abbiano deciso di alzare la testa, anche se i volumi non sono quelli proprio convincenti. A dire la verità si deve segnalare la maggior forza delle quotazioni degli indici americani rispetto a quelli Europei, che sembrano attraversare una fase di rallentamento, dopo che nei mesi scorsi avevano guidato la ripresa delle quotazioni.

Quindi sembra che in questo particolare momento vi sia una correlazione tra le quotazioni degli indici e le quotazioni dell’oro (limito l’analisi a questi due elementi significativi per non accavallare troppi concetti in un'unica sede).

Rispetto all’analisi precedente voglio inserire una piccola nota aggiuntiva su un elemento che dovrebbe invece dare una fotografia di come sta nel frattempo andando l’economia reale nel nostro continente.

Sto parlando dell’Eurocoin che, come ho illustrato in passato, è un indicatore molto affidabile che anticipa di alcuni mesi la stima ufficiale della crescita del PIL nell’area Euro ed è immune dalle oscillazioni di breve periodo. Se osserviamo il suo andamento possiamo subito notare che, rispetto a quando lo osservavamo in marzo di quest’anno (momento in cui la sua crescita aveva rallentato) è sceso senza interruzione fino ai livelli di questo mese che coincidono con quelli di ottobre 2009. Rispetto alle correlazioni con gli altri elementi del mercato bisogna considerare che per questo mese, la dinamica dell’indicatore è stata negativa, nonostante il sostegno delle quotazioni azionarie.

Ovviamente dobbiamo anche tener conto del fatto che l’indicatore è cresciuto in maniera molto sostenuta a partire dall’inizio del 2009 ed un rallentamento ci può stare, anche se questo rallentamento è avvenuto un po’ prima di raggiungere i livelli pre-crisi. 

Da questo momento in avanti, dunque, dovremo osservare insieme tutti questi elementi per capire, a seconda della loro valenza, quale di questi avrà ragione. In questo modo potremo avere maggiori indicazioni rispetto alla situazione economica dei prossimi mesi.

martedì 28 settembre 2010

Il valore Etico ed (ora) Economico del Volontariato




Il “Terzo Settore” è candidato ad assumere un ruolo fondamentale nelle future dinamiche economiche e sociali del nostro Paese. 

Infatti, è da tale Settore che dovrebbe arrivare un forte impulso alla ripresa economica, come anche è percepibile dall’attenzione che recenti interventi normativi hanno dato a tale materia.

Le associazioni o fondazioni regolate dalla disciplina delle Onlus (organizzazioni non lucrative di utilità sociale), operano in svariati campi (dal sociale al civile, dall’assistenza all’istruzione, dalla sanità alla ricerca scientifica, dalla cultura allo sviluppo economico) ed hanno, dal punto di vista normativo, il divieto di distribuire i profitti delle loro attività ai soci. Cioè il loro scopo non è quello di produrre utile per remunerare il capitale investito in tali attività, bensì è quello di favorire gli obiettivi Statutari che sono di carattere prevalentemente sociale.

Per cui il principale nodo da affrontare per il raggiungimento degli obiettivi sociali è quello di reperire fondi (fund raising) per gestire tutte le attività previste dallo Statuto.
Le principali necessità di tali associazioni, come ovvio, sono le risorse umane e le risorse finanziarie. Infatti, se è vero che il fenomeno del volontariato è in continua crescita nei diversi settori, è anche vero che per determinati tipi di attività sono necessarie risorse finanziare sia per l’acquisto di attrezzature indispensabili, sia per ristorare almeno delle spese sostenute (laddove ve ne siano di vive da sostenere) i volontari impegnati in queste attività.

Atteso che è ormai necessaria una riforma organica della normativa in materia, vi è stato un recente intervento contenuto nella Direttiva annuale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (criterio tra l’altro già adottato da anni nei bandi per il volontariato della Lombardia) che concede alle organizzazioni una possibilità in più di accedere ai fondi pubblici di finanziamento alle attività sociali (ricordiamo che il provvedimento quest’anno assegna 2 milioni e 300.000 Euro).

In pratica, nella quota di cofinanziamento richiesta a carico delle associazioni per accedere ai fondi pubblici, sarà possibile conteggiare entro il limite del 10% il tempo dedicato dai volontari nella realizzazione dei progetti presentati. Questo vuol dire che per le attività prestate dai volontari a titolo gratuito a favore dei progetti, è possibile conteggiare un valore figurativo pari al 10% dei massimi delle tariffe (il tabellare delle cooperative sociali per le attività ordinarie e le tariffe specifiche del settore di appartenenza per le attività altamente qualificate). 

Questo è importante in quanto molte associazioni hanno avuto fin’ora difficoltà ad accedere ai finanziamenti statali perchè non avevano i fondi necessari per la loro quota di cofinanziamento.

Oltre a questo vi sono anche altri recenti interventi. Ad esempio quello sul microcredito consentirà alle associazioni di intervenire per finanziare a condizioni “sociali”, soggetti in difficoltà e dunque “non bancabili” con un accompagnamento attraverso “servizi ausiliari” per favorire il raggiungimento della loro “inclusione”.

Quello che però sarà necessario, per non lasciare la disciplina del settore in una marea di interventi sparsi è, come si chiede da più parti, la definizione di una riforma strutturale che vada da un lato a definire ed ampliare il campo d’azione delle associazioni (con gli opportuni strumenti al fine di evitare di superare il confine che porta nel campo commerciale) e dall’altro a definire un vero e proprio Codice dell’Impresa Sociale che fino ad ora è rimasta solo una figura introdotta nel nostro ordinamento, ma senza  le opportune basi per favorirne un sostanziale sviluppo.

giovedì 23 settembre 2010

La speranza e l’ottimismo: due sentimenti da non banalizzare!




Vi sono alcune capacità emotive che possono fare la differenza tra la vita che dobbiamo subire e la vita che vorremmo vivere.

La speranza, ad esempio, può essere quella dote emotiva che può portare gli individui a risultati differenti, anche se, dal punto di vista intellettivo, si hanno le stesse potenzialità.

Per speranza non dobbiamo intendere quel concetto popolare per il quale ci si affida a chissà quale Santo affinché ci aiuti a realizzare qualcosa o ad ottenere un risultato.
Per speranza dobbiamo intendere la capacità di convincersi di avere la volontà ed i mezzi per raggiungere quello che vogliamo realizzare. Gli individui si differenziano nei risultati per il loro modo di sperare. Infatti, vi sono persone che contano di riuscire a risolvere i problemi con una motivazione radicata nella loro convinzione di avere le capacità ed le energie giuste per farlo. Sono convinti che troveranno la strada giusta pur dovendo provare più volte e facendo affidamento sulla loro flessibilità.

Chi invece non spera in maniera convinta è destinato a rinunciare in breve tempo in quanto si fa sopraffare da un’ansia improduttiva che non gli da la giusta spinta.

Strettamente legato alla speranza, di cui è anche motore, è l’ottimismo.
L’ottimismo è un termine inflazionato usato spesso in maniera propagandistica. Anche per l’ottimismo, dunque, bisogna cercarne il valore partendo da se stessi. Chi riesce ad essere ottimista, per carattere o perché si è motivato in tal senso, riesce a non crollare di fronte a situazioni difficili. Riesce a sopportare lo stress di un fallimento o di un incidente di percorso, in quanto spiega a se stesso l’evento come generato da qualcosa che poteva essere fatta diversamente. Quindi si convince che, modificando alcuni dettagli o un atteggiamento o un piano d’azione, può cambiare il risultato finale.

Al contrario il pessimista lega i fallimenti o gli incidenti di percorso a circostanze che sono fuori dalla sua portata, ad un disegno scritto nel suo destino e contro il quale lui non può fare niente.

Ci sono diversi studi che hanno mostrato che la speranza e l’ottimismo sono fattori predittivi del successo scolastico a parità di capacità verbali e logico-matematiche.

Da ciò emerge che, le capacità complessive di affrontare e superare gli ostacoli, non sono qualcosa di predeterminato, ma possono variare al variare della nostra forza emotiva.

Queste capacità, pur differenti da persona a persona, possono essere modificate e migliorate. Ogni volta che si sbaglia qualcosa o si fallisce un obiettivo, bisogna cercare le cause, isolarle e farne esperienza. Sia che si tratti di una nostra debolezza conoscitiva, sia che si tratti di un errore emotivo, la circostanza di averli identificati darà la possibilità di cambiarli.

Si innesca così un processo di apprendimento che si autoalimenta andando a rafforzare la nostra convinzione di avere il controllo della situazione e la capacità di affrontare le sfide.

In definitiva, se può essere vero che si nasce con una naturale tendenza verso l’ottimismo o verso il pessimismo, è anche vero che la tendenza al pessimismo può essere modificata e portata sulla strada dell’ottimismo attraverso l’esperienza!

domenica 19 settembre 2010

La nuova vita del vecchio cellulare




L’altro giorno, mentre cercavo un cacciavite in un cassetto, il mio sguardo si è posato su due vecchi cellulari che non utilizzo già da oltre due anni.

Apro spesso quel cassetto e mai il mio sguardo si era soffermato su quei due apparecchi ormai passati a miglior vita (almeno così pensavo), anche se, riflettendoci, quando li ho riposti erano ancora funzionanti. L’altro giorno, però, non so per quale istinto, mi venne di prenderli ed in quel momento mi sono posto una domanda. Cioè mi sono chiesto se, quei due apparecchi che non mi andava di buttare (non so per quale motivo), potessero invece avere un destino diverso.

Allora mi sono un po’ documentato ed ho scoperto un mondo, il quale, se non ti interessi in maniera attiva, come ho fatto io, potrebbe solo essere una cosa di cui hai sentito vagamente parlare.

Ho scoperto quanto segue.

Il cellulare è un apparecchio che consente due diverse possibilità di riciclo.

mercoledì 15 settembre 2010

Ansia Produttiva.




La settimana scorsa, sul Blog di un amico, si parlava di paura e di preoccupazione e di come tali stati d’animo potessero essere pericolosi per la loro capacità, se mal gestiti, di ingabbiare le nostre azioni o di renderle negative per noi stessi e per gli altri.

Voglio riprendere l’argomento per capire come, eventi che generano preoccupazione, possono in brevissimo tempo trasformarsi in ansia, con tutte le implicazioni emozionali annesse.

La preoccupazione ha il pregio di farci focalizzare l’attenzione su un problema e ci da la possibilità di affrontarlo dopo averlo isolato. La paura mette in moto il cervello e ci consente, partendo dall’ansia, di essere concentrati sulla minaccia al fine di trovare una soluzione positiva prima che tale minaccia si trasformi per noi in un evento negativo.

In molti casi purtroppo accade che tale attenzione si trasformi in un ciclo che non si interrompe con una soluzione. Ciò accade quando la concentrazione indotta dalla preoccupazione si focalizza e si ferma sulla minaccia piuttosto che cercare di trovarne un antidoto; anzi può generare altre preoccupazioni che a loro volta si autoalimentano. In questi casi si cade nelle trappole della fobia, delle ossessioni e degli attacchi di panico. In questi casi l’ansia è un’emozione Improduttiva in quanto sfugge ad ogni controllo.

Uscire dall’Ansia Improduttiva potrebbe non essere semplice e non serviranno a niente i consigli dati da chi ci sta vicino (“non c’è niente di cui preoccuparsi” “cerca di non pensarci” o “cerca di essere allegro”).

venerdì 10 settembre 2010

Dove vanno i mercati?


Voglio brevemente richiamare la vostra attenzione sulla situazione attuale dei mercati di borsa. 

Come più volte ho detto, non si devono fare previsioni di tipo “cartomantico”, ma bisogna concentrarsi sull’analisi combinata di elementi del mercato cercando di capire in quale direzione vuole andare e se è possibile seguirne il movimento. Quindi dobbiamo assecondarlo senza voler avere ragione su di lui. 

Prima di continuare con le mie osservazioni vi invito a leggere questi miei precedenti post sui cicli economici (parte prima - parte seconda). Potrete farvi un’idea di come si muovono i diversi mercati (azionario, tassi di interesse, materie prime) senza prendere tali correlazioni come una costante, ma considerarle come la base per le vostre analisi per rilevare anche eventuali divergenze o situazioni anomale che si possono verificare in determinati momenti di mercato. 

Gli elementi su cui voglio portare la vostra attenzione sono due: 1) incertezza degli indici del mercato azionario; 2) particolare momento delle quotazioni dell’oro.

mercoledì 8 settembre 2010

Investimenti ed emozioni: la psicologia del piccolo investitore.





Nel precedente post ho introdotto l’argomento dell’intelligenza emotiva che si affianca al quoziente intellettivo nel definire l’intelligenza complessiva di una persona.

Questo discorso mi serve per introdurre un concetto, quello della psicologia negli investimenti, che ha un peso significativo sulla bilancia della preparazione dell’investitore.

Alla lettura dei più esperti, che già da un po’ operano per conto proprio negli investimenti in borsa, tale argomento potrebbe sembrare scontato e ridondante rispetto a quanto già letto e sentito sull’argomento e di cui, almeno nelle intenzioni, si cerca di tenere conto.

Ritengo di parlarne (e lo farò anche in futuro) non solo per chi si sta avvicinando agli investimenti per la prima volta, ma anche perché i meccanismi emotivi e le particolari trappole psicologiche in cui si può cadere, prendono spesso il sopravvento anche nel piccolo investitore un po’ più esperto.

Come già ho evidenziato in un altro post, la capacità di gestire le proprie emozioni ha un’importanza fondamentale per una corretta gestione dei propri investimenti.

Non dobbiamo pensare però solo ai comportamenti dell’investitore nei mercati borsistici, ma, in un’ottica più ampia, dobbiamo riferirci anche ai comportamenti relativi ad investimenti di tipo diverso (ad es. immobili ed altri oggetti il cui valore è suscettibile di variazione nel tempo; attività autonome e di impresa) comprendendo, più in generale, ogni ambito della nostra vita.

Il discorso ha una valenza amplificata per gli investimenti in borsa in quanto vi sono anche delle trappole che possono essere innescate ad esempio da una notizia tendenziosa a cui il piccolo investitore deve reagire in tempi spesso brevi.

Comunque, la contrapposizione tra quoziente intellettivo ed intelligenza emotiva non deve essere vista come qualcosa di antitetico, bensì come un equilibrio capace di portare una persona a risultati soddisfacenti. E’ sufficiente una discreta intelligenza logico-matematica associata a buone capacità emotive, per raggiungere risultati eccellenti.

Questo in ogni campo di attività.

Infatti, potrete voi stessi confermare che avete incontrato, dopo tanto tempo, compagni di classe o colleghi universitari che ce l’hanno fatta. Vi sarete forse detti: “eppure non era una cima!”.

Ebbene, queste persone hanno messo in gioco se stessi puntando sulle abilità a loro disposizione, compensando carenze di carattere tecnico e conoscitivo (legate ad un quoziente intellettivo non al di sopra della media) con l’esperienza e l’istinto.

Questo è quello che accade molte volte negli investitori di borsa che hanno dedicato molto tempo allo studio delle società e dell’analisi tecnica. Saranno capaci di analizzare i bilanci delle aziende; riescono ad individuare sui grafici un trend o altre figure dell’analisi tecnica; sono capaci di comprendere l’andamento dei cicli economici; riescono anche a spiegare e a far comprendere agli altri concetti strutturati mostrando grande padronanza tecnica e di linguaggio.

Può però succedere che, quando si trovano davanti al monitor pronti ad operare, si insinui nella loro mente una serie di dubbi e di incertezze che fino ad un momento prima non esistevano. Dubbi ed incertezze che li possono condurre a fare operazioni non pianificate ed azzardate, in contrasto con i ragionamenti di tipo logico-cognitivo che avevano fatto fino ad un momento prima.

In altra sede cercheremo di capire in maniera schematica quali sono gli errori tipici dettati dall’emotività nel piccolo investitore. Del resto si è sviluppato un campo di studio, quello della finanza comportamentale, che osserva appunto i comportamenti degli investitori e le motivazioni irrazionali che li spingono a fare un investimento (o un disinvestimento), cercando da un lato di spiegare fenomeni come le bolle e i crolli da panico dei mercati e dall’altro di spiegare come le emozioni e gli errori cognitivi possono influenzare il processo decisionale dell’investitore.

Quello che voglio sottolineare ancora in questa sede è, invece, la circostanza che gli investitori molto spesso sbagliano perché non riescono ad essere consapevoli delle proprie emozioni e pertanto non riescono a gestirle (vedi nel precedente post gli ambiti definiti da Salovey).

In conclusione, con questo non voglio dire che raggiungere l’autoconsapevolezza delle proprie emozioni e cercare di gestirle sia un’opera semplice.

Voglio semplicemente suggerirti che è un’opera “possibile”. Sarà poi la nostra convinzione e la nostra voglia di migliorarci a darci la possibilità di riuscire in quest’opera.

Spero tu comprenda l’importanza di questo argomento in quanto potresti spiegarti tanti episodi della tua vita in cui le tue emozioni o quelle degli altri hanno compromesso un risultato o ne hanno sminuito gli effetti.

Ebbene, tale comprensione potrà aiutarti ad avere consapevolezza di ciò che, dal punto di vista emotivo, ti è successo e potrà esserti d’aiuto nelle future situazioni analoghe in cui ti troverai.

Questo vale ovviamente anche per i tuoi eventuali investimenti in borsa, per i quali sarà normale avere delle perdite e sarà normale compiere degli errori. L’importante sarà non solo analizzare i motivi tecnici che ti hanno procurato l’evento negativo, ma soprattutto comprendere le implicazioni psicologiche che ti hanno spinto a fare un acquisto avventato o una vendita prematura.

Ciao e alla prossima!

mercoledì 1 settembre 2010

Quoziente Intellettivo ed Intelligenza Emotiva.




Tutti avrete sentito parlare dei test che hanno la finalità di misurare il quoziente intellettivo (Qi) di una persona.

Il quoziente intellettivo è un punteggio che esprime le due capacità standard, quella verbale e quella logico-matematica, e che è l’indice dell’intelligenza classica esaltata dal sistema scolastico. Cioè, è quell’intelligenza di cui è semplice constatare la presenza nei risultati del “primo della classe”.

Il fatto che si ottenga un punteggio alto (cioè che tenda a 150 che è il punteggio massimo) può essere dunque motivo di vanto o di soddisfazione personale, anche se non è un punteggio che esprime l’intelligenza complessiva di una persona.

Infatti, non sempre chi è stato il primo della classe è riuscito a realizzare la propria personalità nella società che ha trovato fuori dalle mura scolastiche. Anche se, spesso, si può riscontrare, in chi ha un alto Qi, la tendenza a sviluppare altre capacità che esulano dalle competenze verbali e logico-matematiche (anche se, appunto, non è una regola misurabile).

Così come, chi a scuola era il classico “intelligente ma non studia”, ha spesso visto un’evoluzione esponenziale della sua vita personale e lavorativa.